Olivo e Olio
L’olivo ha rappresentato nei secoli per l’intera società della Terra d’Otranto la fondamentale risorsa economica. Già all’epoca degli insediamenti greci sulle coste meridionali si coltivava l’olivo e l’olio salentino era oggetto di importanti esportazioni verso Cartagine ed il vicino Oriente.
Importanti autori dell’antichità, quali Plinio, Catone e Columella, citano nelle loro opere l’importanza delle produzioni oleicole di questa terra nel periodo dell’impero romano. In epoca bizantina l’olivicoltura del Salento, al pari di tutta l’olivicoltura meridionale, subì una fase di decadenza, per poi recuperare il proprio prestigio nel tardo Medioevo.
Nel X secolo l’olivicoltura ritrovava riconoscimento in un fiorente mercato “…di oli pregiati della Terra d’Otranto…” tra tutti i popoli che occupavano le sponde del bacino del Mediterraneo. Dopo il grande periodo di ricchezza che caratterizzò il regno di Federico II e le successive dominazioni angioina ed aragonese, l’olivicoltura salentina cadde in una fase di depressione, con la conquista degli spagnoli e degli austriaci. Finché Carlo III di Borbone, re di Napoli e di Sicilia (1735-59), “promise ai grandi latifondisti nobili una speciale riduzione sulle tasse se sui loro terreni fosse stato coltivato l’olivo…
L’oliveto perciò, dal ‘700 in poi, occupava estensioni notevoli di territorio sulla penisola salentina, in particolare nel basso Salento. Il mercato dell’”oro liquido” primeggiava tra i vari prodotti di cui questa terra era ricca e che esportava; la Città Regia di Gallipoli sin dalla metà del XVII secolo era considerata punto di riferimento per il traffico marittimo in Terra d’Otranto. L’olio salentino in pieno ‘800 continuava ad essere impiegato non solo per uso alimentare, ma anche nell’industria laniera, per la fabbricazione di saponi e per l’illuminazione.
Alcuni retaggi culturali rimangono ancora a condizionare le tradizioni e il livello qualitativo dell’olio. Leggi feudali regolavano i diversi aspetti legati alla produzione dell’olio d’oliva in Terra d’Otranto, in particolare i tempi di raccolta, generalmente dai primi del mese di ottobre fino a giugno, e “l’apprezzo” delle olive per poter quantificare la decima.
Era vietato raccogliere le olive prima dell’apprezzo. “Nelle province di Puglia e di Calabria, non avendo i cittadini la libertà di macinare le olive come sono maturate a cagion del diritto esclusivo de’ trappeti feudali, si lasciano lungamente nel suolo a fermentare e imputridire, per cui danno un olio guasto di cattivo sapore”.
E ancora oggi è estremamente difficile produrre olio extravergine in questa terra di olivi dove la maestosità delle piante storiche scoraggia la raccolta dei frutti direttamente dall’albero, e il basso prezzo dell’olio non remunera i costi di produzione, in particolare delle operazioni di potatura e raccolta.
Ma è crescente l’attenzione alla qualità da parte di un sempre più ampio numero di olivicoltori del Salento, che si adoperano per esaltare le peculiarità di un prodotto che, proveniente da varietà locali a spiccata tipicità, dà ottime garanzie di positivo riscontro su un mercato di consumatori attenti alla qualità e alla salute. La corretta gestione delle tecniche colturali e la raccolta delle olive direttamente dalla pianta, seppur con notevoli sacrifici, potrebbero portare un equo reddito e buone soddisfazioni ai produttori.
Fonte bibliografica: “Olivo e Olio” – febbraio 2004